PREMIO BUTTURINI: IL DOPPIO RUOLO DI LUANA MONTOLI

PREMIO BUTTURINI: IL DOPPIO RUOLO DI LUANA MONTOLI

A cura di Alice Martini

Martedì 21 luglio, ultima serata di InChiostro Vivo 2020, ha regalato ad A.LI.VE. e al pubblico un’eredità speciale, nel ricordo di Francesca Butturini. Terminato lo spettacolo Macerie. Variazioni sul mito, da Troiane e Ecuba di Euripide, è stato consegnato ai ragazzi dei gruppi di teatro il premio in suo onore, giunto alla quarta edizione e assegnato ogni anno agli allievi che si sono distinti maggiormente per qualità tecniche e umane. I premiati quest’anno sono Jan Manfro, del gruppo dei più giovani, Surur Eloisa Khachab, Luana Montoli ed infine una menzione speciale per Cecilia Sartori. 

Incontriamo Luana Montoli, vincitrice del premio per la sua interpretazione di Shylock nel Mercante 2.0. Personaggi di Shakespeare ai giorni nostri e di Andromaca per Macerie. Variazioni sul mito, da Troiane e Ecuba di Euripide. Le motivazioni che hanno portato il riconoscimento da parte delle docenti Silvia Masotti e Camilla Zorzi: «Questo premio è per esserti fidata di noi in tutti questi anni e per essere arrivata a fidarti un po’ di te. Per averci regalato pezzi della tua anima, per il tuo coraggio di osservare nell’essere umano anche i lati più scomodi e sconvenienti: che tutto ciò sia per te un’indiscutibile e profondissima risorsa, anche nella vita». 

Cosa hai provato nel ricevere questo premio?

«Per me è stato un grande onore ricevere questo premio e soprattutto averlo condiviso con persone che come me vivono un amore intenso per il teatro e per l’arte in tutte le sue forme. Il ricordo di quella sera sul palcoscenico del Chiostro di Sant’Eufemia, luogo che ha reso l’atmosfera ancora più magica, è qualcosa che porterò sempre nel mio cuore. Ho provato un forte orgoglio nell’essere parte della comunità di A.LI.VE. e nell’aver contribuito a questo meraviglioso ingranaggio. Sono grata alle mie insegnanti, ai genitori di Francesca e a Paolo Facincani per il sostegno, per la forza e per tutto il fervore che trasmettono. Ci tengo inoltre a sottolineare che il solo fatto di aver partecipato agli spettacoli e di essere stata spettatrice del meraviglioso lavoro dei miei compagni, nonostante il periodo tortuoso, mi ha dato un’emozione unica e inspiegabile. In un anno così complicato, l’esperienza di “InChiostro Vivo” è stata uno spiraglio di luce, un’occasione di rinascita e un incentivo a non demordere, anche quando, anzi soprattutto quando il gioco si fa duro».

Cosa ti ha insegnato di più la tua esperienza alla scuola di teatro di A.LI.VE.?

«Ammetto che questa domanda mi mette un po’ in difficoltà… sono tante le cose da dire a riguardo e temo che le mie parole non siano all’altezza. Ho iniziato a far teatro in A.LI.VE. cinque anni fa e devo dire che, ogni volta che penso al percorso fatto, provo una certa commozione. Ciò che più mi affascina di questa Accademia è che oltre ad avermi dato una formazione artistica e culturale, mi ha permesso di crescere molto a livello umano e personale. Silvia Masotti e Camilla Zorzi, le mie insegnanti, non solo mi hanno fatto scoprire l’arte del teatro, ma mi hanno anche trasmesso con tutta la loro umanità i veri valori di cui ognuno di noi ha bisogno per vivere. Mi hanno insegnato l’importanza della collettività, dell’ascolto e della condivisione. In particolare quest’anno, dopo mesi di isolamento, ho imparato che il teatro è relazione, vive nell’ “hic et nunc” e ha bisogno del pubblico, di un interlocutore. Grazie a loro ho imparato che non devo avere paura di affrontare i lati più scomodi della realtà e di me stessa, perché il teatro è anche questo: luci e ombre. Mi hanno fatto vedere “oltre” e mi hanno permesso di esplorare mondi che sicuramente senza di loro avrei ignorato. Ma più di tutto, in questi anni ho avuto l’occasione di sperimentare e di sperimentarmi, di essere parte di qualcosa di più grande di me e per concludere con una sola parola che racchiude l’essenza del teatro, di sentirmi “viva”».