LE VARIAZIONI GOLDBERG: IL LATO “ROMANTICO” DI BACH

A cura di Alice Martini

Sabato 7 dicembre in sede A.LI.VE. ci sarà il secondo appuntamento de “I Salotti dell’Accademia” con ospite il Maestro Gerardo Chimini che eseguirà le “Variazioni Goldberg” di J. S. Bach. Lo ascoltiamo nella sua presentazione dell’opera <<con il sentimento di chi si sente privilegiato come pianista, esecutore e musicista italiano nel poterle spiegare e restituire ad un pubblico attento>>.

Che cosa sono le Variazioni Goldberg?

<<Le Variazioni Goldberg è una delle più belle composizioni scritte per tastiera da Bach, solo Beethoven gli si avvicina per grandezza, ad esempio con la famosa sonata Al Chiaro di Luna. La leggenda della composizione di quest’ opera narra che nel 1741 un allievo di Bach, che si chiamava Goldberg, all’età di quattordici anni lavorasse a servizio di un conte che soffriva d’insonnia. Per sopperire a questo problema Bach scrisse un’aria con variazioni. Il valore universale della musica di Bach è assoluto, nelle Variazioni Goldberg egli dimostra che con mezzi semplici si possono costruire edifici sonori paragonabili a grandi architetture. La sua arte arriva da un immenso talento, da una formazione interiore fortissima, da un approfondito studio del passato e da una visione della musica assoluta>>.

Mi spieghi brevemente la struttura della composizione

<<Le Variazioni Goldberg si chiamano così perché sono composte da una melodia che subisce delle variazioni. Sono state concepite per clavicembalo a due tastiere. Le variazioni in questo componimento partono dal basso, composto da trentadue battute in ¾, con un ritmo lento di sarabanda. Sul basso viene svolta l’aria ma essa serve anche da base per tutte le altre trenta variazioni. Ad ogni variazione, in totale sono trenta, Bach riesce a dare una diversificazione tecnica, musicale e formale. Ogni tre battute c’è un canone, un tema che viene imitato. Sul discorso del canone esiste un “fil rouge” che collega Bach e Beethoven e moltissimo ci sarebbe da dire su questo legame: abbiamo materiale per un’altra intervista! (ride N.d.R.)>>.

Che significato aveva questa composizione al tempo della sua scrittura?

<<Principalmente a quell’epoca le composizioni non avevano uno scopo concertistico come accade al giorno d’oggi, bensì didattico. Nel comporle Bach non ha ricercato uno scopo preciso, la partitura aveva uno scopo didattico, era usata personalmente da Bach stesso e dai suoi allievi, si capisce bene che l’apprendimento degli allievi era ad altissimo livello. La vastità della composizione e la durata di circa cinquanta minuti rappresentano per il pubblico una prova di una densità tale che richiede un luogo di ascolto piccolo e molta attenzione. Non va dimenticata la visione “domestica” di questa musica, per avere modo di riunirsi insieme in una sala, pratica che al tempo della sua scrittura serviva a condividere queste meraviglie sonore>>.

Che significato hanno oggi?

<<Più che significato diciamo che sono opere immortali nel senso che ci si può perdere in questo oceano di note, in questa immensa montagna da scalare, tanto che, ogni volta che la si studia, si scoprono significati nuovi. C’è anche un significato teologico dentro le Variazioni Goldberg, perché non bisogna dimenticare che Bach è stato anche il più grande autore di musica religiosa, proprio abbinato al suo ruolo di “cantor” a Lipsia. In queste variazioni strumentali Bach si sente libero, senza dover ricorrere a temi corali né a simboli della Trinità. Sono presenti dei toni cromatici sul basso, tanto che nella Variazione Adagio (numero 25) Bach ci costruisce poi il Crucifixus della Grande Messa in Si Minore>>.

Cosa ci insegna Bach con quest’opera?

<<Questi miracoli della creazione musicale non succedono per caso e noi oggi possiamo guardare a Bach che ci insegna a credere in quello che si fa, costruendo un immenso monumento spirituale. Le sue note rivelano oggi la loro estrema attualità, la sua è una musica assoluta, scritta con impeto e sentimento, oserei dire con un temperamento quasi romantico>>.