INCLUSIONE ED ACCOGLIENZA: ALESSANDRA CI RACCONTA IL C.A.M.

Sabato 26 Maggio abbiamo incontrato Alessandra Molinarelli, presidentessa del Centro Accoglienza Minori di Verona, con sede a Borgo Roma. L’intervista ha avuto luogo in un ufficio adiacente agli ambienti riservati al centro diurno ed al colloquio è seguita una visita ai due appartamenti della comunità familiare. Questo è quello che Alessandra ci ha raccontato relativamente alla sua esperienza presso il C.A.M.

Buongiorno Alessandra, per iniziare vorrebbe parlarci della storia del centro?

Buongiorno! Il centro accoglienza minori nasce nel settembre del 1990, dopo la morte di una mia carissima zia, che abitava proprio qui. Dopo la sua dipartita io e Paola ci siamo chieste cosa potessimo fare della sua casa e proprio da lì abbiamo iniziato con l’accoglienza di bambini del centro diurno. Allora erano 15, di età compresa tra la scuola materna e le scuole superiori. In orari diversificati arrivavano o andavamo a prenderli a scuola, davamo loro il pranzo e poi rimanevano qui fino alle 19.
Questo è stato l’inizio, preceduto da un percorso durato più di un anno. Infatti, abbiamo iniziato come centro diurno sperimentale, perché il comune voleva verificarne l’efficacia.
Poi l’appartamento non rispondeva più alle esigenze di un gruppo così numeroso e quindi abbiamo ristrutturato questo ambiente, mentre nell’appartamento abbiamo inizialmente accolto una famiglia somala, costituita da una mamma e due bambini. È stato davvero arricchente vivere la nostra quotidianità con queste persone ed aver modo di entrare in contatto con una religione e cultura diverse dalle nostre!
Nel ’97 è nata la casa famiglia perché ci siamo accorte che il centro diurno rispondeva ai bisogni del quartiere, però c’erano alcune situazioni in cui ciò non era sufficiente e si richiedeva una struttura residenziale. Infatti, i primi tre bambini della casa famiglia sono arrivati dal nostro centro diurno. La casa famiglia viene chiamata comunità famigliare ed è regolata in base alla legge 22, è autorizzata ed accreditata. Per il centro diurno invece è il comune che stabilisce i parametri da rispettare, ad esempio garantire la presenza di due educatori per ogni dieci bambini e l’apertura del centro tutti i giorni dell’anno ad eccezione di quelli rossi del calendario. Io e Paola siamo la coppia residente, poi ci sono con noi due educatrici ed alcuni volontari che hanno iniziato a prestare servizio presso il centro in seguito ad un corso di formazione.

Avete incontrato delle difficoltà nel vostro percorso? Quali sono state?

Sicuramente, anche perché da sempre abbiamo compiuto ogni piccolo passo, da ingrandimenti a ristrutturazioni, con zero lire allora e zero euro poi. Tuttavia, la provvidenza è stata la protagonista del nostro percorso e ci sono sempre stati benefattori disposti ad aiutarci e supportarci. Da ultimo in occasione della ristrutturazione di un intero appartamento, per ampliare la comunità familiare, circa due anni fa. Io e Paola  diciamo sempre che se è volontà di Dio allora si aprono strade inimmaginabili, e speriamo che valga lo stesso per il progetto Kris, il quale risulta davvero impegnativo.

A questo proposito, potrebbe fornirci qualche informazione relativamente al progetto KRIS?

Il progetto Kris nasce da un bisogno che è emerso circa tre anni fa, quando i servizi sociali del comune di Verona e di uno fuori Verona ci hanno chiesto se fosse possibile per noi accogliere Kris, un bambino destinato a vita breve, il quale, in seguito alla nascita, aveva sempre vissuto in ospedale. Ovviamente abbiamo dovuto rispondere negativamente a questa richiesta, dal momento che servono degli ambienti appositamente predisposti per persone con gravi patologie come quelle di Kris.
Abbiamo però iniziato ad interrogarci relativamente alla presenza di strutture simili in Veneto ed abbiamo scoperto che esiste una sola struttura a carattere familiare ma attrezzata a livello ospedaliero in Nord Italia. Si trova a Como e si chiama “La casa di Gabri”. Attraverso il progetto Kris, quindi, vorremmo dare vita ad una realtà simile alla loro, ossia una struttura a carattere ospedaliero ma a dimensione familiare, che possa accogliere questa tipologia di bambini.
Abbiamo individuato l’immobile, che è qui vicino, e ci siamo impegnate ad acquistarlo. Vedremo!

Siete supportati dalla comunità di cui fate parte?

Noi non ci facciamo molta pubblicità, perché non amiamo sponsorizzare il nostro lavoro.
Tuttavia, quest’anno, in occasione della Quaresima, il parroco ha parlato del nostro progetto alla comunità, coinvolgendola direttamente. Quest’ultima ha risposto molto positivamente, permettendoci di raccogliere delle offerte. Come vi ho detto, non è nostra intenzione pubblicizzare ciò che facciamo, ma abbiamo constatato che se chiediamo le persone rispondono. C’è una buona fiducia e, oltre a ciò, anche un ottimo rapporto con i servizi sociali.

Quanti bambini e ragazzi sono stati ospitati dal centro diurno e dalla casa famiglia?

Per quanto riguarda il passaggio di bambini dal centro diurno, è molto difficile indicare un numero preciso. Inizialmente, per i primi cinque anni, accoglievamo circa quindici, tra bambini e ragazzi, dalla scuola materna alle superiori. Poi, abbiamo iniziato a diversificare il servizio, accogliendo bambini della scuola elementare, dalla prima alla quinta. Comunque, negli anni sono passati davvero tanti bambini dal centro diurno, centinaia.
Per quanto riguarda la casa famiglia, dipende dai vari casi. Noi facciamo da ponte e quindi accogliamo nel momento del bisogno. Se la situazione si risana i bambini rientrano nella propria famiglia, mentre in altri casi rimangono più a lungo ed escono dalla casa famiglia una volta raggiunta la maggiore età. Per i bambini più piccoli, invece, si apre il percorso dell’adozione, quindi noi aiutiamo il passaggio dall’una all’altra realtà. Dal ’97, quando è stata aperta la casa famiglia, ad ora la comunità familiare ha ospitato circa una cinquantina di bambini.

 In che modo siete entrati in contatto con l’accademia A.LI.VE? Come sono iniziati i vostri rapporti con loro?

Li abbiamo conosciuti attraverso il nostro commercialista, Luca Pellizzoni, e si è stabilita sin da subito una collaborazione. Almeno sei anni fa.
Nel 2015 abbiamo celebrato il venticinquesimo del centro e alla cerimonia in Gran Guardia era presente anche il coro di A.LI.VE.. Rosalba è poi diventata anche volontaria del centro!
Alcuni dei nostri bambini sono coinvolti nelle attività dell’accademia, non solo tra quelli della casa famiglia ma anche del centro diurno.
In passato abbiamo anche organizzato un progetto in cui i ragazzi dell’accademia trascorrevano del tempo qui con i bambini del centro diurno, ne sono stati fatti tanti!

Quale crede sia il ruolo delle arti – in questo caso canto e teatro – nella vita di bambini e ragazzi?

Importantissimo ed essenziale, anche se ovviamente deve piacere ai bambini/ragazzi! Ad esempio abbiamo notato un cambiamento significativo in una delle nostre ragazze, che grazie al teatro sta riuscendo ad aprirsi in modo straordinario, mentre precedentemente era piuttosto chiusa e faticava a mostrare le proprie emozioni. Adesso non lascerebbe mai il teatro!
Credo che le arti siano davvero preziose ed abbiano un ruolo fondamentale nella crescita dei ragazzi. Grazie al centro hanno possibilità di accedere a tale tipo di attività e siamo felici di dar loro questa occasione!

Il C.A.M. è uno dei  partners di “Inchiostro vivo”, evento che vede capofila  A.LI.VE. nel chiostro di Sant’Eufemia, sul quale si affacciano le aule dell’accademia, e che avrà inizio Domenica 3 Giugno. L’obiettivo principale del progetto è quello di accogliere e coinvolgere coloro che vorranno prendervi parte portando in scena produzioni teatrali e concertistiche e promuovendo l’inclusione sociale a livello trasversale. La chiave di tutto sarà quindi l’accoglienza, la stessa di cui Alessandra e Paola sono promotrici da quasi trent’anni.

di Valentina Ceradini